Cosa ho imparato in un anno da presidente di un’associazione HIV
Appunti sparsi che puoi riutilizzare anche nel tuo territorio
Ciao sono Marco, sostenitore entusiasta della libertà sessuale, formatore e presidente del Brescia Checkpoint. Questa è Diritti sessuali e ogni settimana scopriremo insieme
dove testarci per HIV e le altre infezioni sessualmente trasmissibili (IST)
come tutelare il nostro diritto alla salute
quali sono le ultime strategie di prevenzione e benessere sessuale
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Questo numero è la traduzione riadattata del post Starting a Community-based HIV Association: The First Year of Brescia Checkpoint, an Italian Experience, che ho scritto il progetto Scope dell’European Treatment Group. Grazie CL per accollarsi sempre di correggere il mio inglese.
Questo ottobre è un anno che abbiamo iniziato le attività del Brescia Checkpoint, la prima associazione HIV della mia città. Da fondatore e presidente ho avuto il privilegio di vedere il nostro lavoro dall’inizio.
Vorrei condividere alcuni consigli pratici su quello che ho imparato. Alcuni potranno sembrarti banali, altre magari ti daranno la spinta necessaria per metterti in gioco nella tua (piccola) città:
Le persone fanno sesso ovunque, e hanno il diritto di prendersi cura della loro salute sessuale anche se vivono in culo ai lupi
1. Devi essere pro sull’HIV e non solo
Se vuoi impegnarti per la prevenzione HIV e contro lo stigma, devi essere sul pezzo. Non solo perché spesso ti troverai a discuterne con professioniste della salute, ma soprattutto per offrire alla tua comunità informazioni accurate.
La newsletter HIV & Co-infections EATG è un’ottima risorsa (ma anche la mia di newsletter :), ma ciò che mi ha davvero aiutato è stata la partecipazione al workshop SCOPE nel 2022. Quello è stato un punto di svolta nel mio modo di inquadrare le cose.
Ma non si tratta solo di saperne un botto su HIV: conta sapere come le politiche sanitarie pubbliche si traducono nel tuo contesto locale. A Brescia, per esempio, ogni anno c’è uno dei tassi di diagnosi HIV più alti in Italia e, nonostante sia una provincia vastissima, c’è un solo centro IST.
È già questo spiega la nascita di Brescia Checkpoint.
2. U=U è la buona novella
Ogni volta che una persona fa il test o ci incontra a un banchetto, il nostro obiettivo è spiegare e ricordare che le persone con HIV in terapia non trasmettono il virus, nemmeno con rapporti sessuali senza preservativo.
In Italia abbiamo il privilegio di un accesso universale e gratuito alla terapia*: U=U è la buona novella, la chiave per abbattere lo stigma e liberare le persone dalla paura di questa infezione.
Come organizzazione dedicata all’HIV e alla salute sessuale, è stato per noi fondamentale creare un gruppo alla pari per persone che vivono con HIV, il primo a Brescia dopo decenni. Uno spazio per rompere il silenzio e sostenersi a vicenda.
* Studenti extra-UE e alcune categorie di lavoratori stranieri devono pagare tra i 700 e i 2.000 euro per ottenere la tessera del Sistema Sanitario Nazionale ed accedere alle cure.
3. Trova delle volontarie e fidati di loro
Anche se sono un po’ maniaco del controllo e a volte mi comporto come Miranda Priestly ne Il diavolo veste Prada, so benissimo che Brescia Checkpoint esiste solo grazie al gruppo delle volontarie.
Trovare le persone giuste non è facile, ma bisogna buttarsi, fidarsi dell’istinto e dare loro responsabilità. A volte ti deluderanno, ma è un rischio che vale la pena correre: non raggiungeremo l’obiettivo OMS 2030 cercando di portare da sole il peso di un’associazione.
4. Devi essere nerd, amare la burocrazia e i soldi
So che è noioso, ma compilare file Excel e scrivere domande di finanziamento è attivismo, tanto quanto scendere in piazza. Se hai difficoltà con la burocrazia, probabilmente ci sono realtà che possono aiutarti gratuitamente a orientarti. Io ad esempio faccio riferimento a:
Ogni Stato ha le sue regole per il non profit: in Italia è praticamente obbligatorio essere un’associazione registrata per ricevere fondi da bandi.
E i soldi ci servono per comprare test HIV, stampare volantini, acquistare materiali per gli eventi, pagare affitto e bollette se abbiamo una sede e, ovviamente, i nostri stipendi.
Perché per gestire un ente del terzo settore ed ottenere risultati concreti serve tempo. Non basta fare volontariato un pomeriggio alla settimana. Serve che diventi un lavoro.
Fare il volontariato a tempo pieno è possibile solo se sei una persona privilegiata.
5. Fai networking agli eventi e costruire alleanze
Odio partecipare agli eventi e odio parlare con sconosciuti. Ma se non fossi andato a quell’evento di networking organizzato dal Comune, non avrei mai incontrato la coordinatrice di un centro comunitarioa, con il quale poi abbiamo partecipato a un bando (che non abbiamo vinto, ma questa è un’altra storia).
Quindi:
costringiti a uscire, manda email, chiedi appuntamenti alle associazioni locali per costruisci nuove alleanze.
6. Collabora con le istituzioni (e porta pazienza)
Chi gestisce gli ambulatori HIV? Le istituzioni sanitarie locali, ovviamente. Collaborare con loro non è un’opzione: è un imperativo morale. Solo grazie a loro le nostre utenti con test positivo possono iniziare subito la terapia.
Ma non è solo questo. Si possono unire le forze per offrire più servizi, come abbiamo fatto al Brescia Pride 2025, dove l’ASST Spedaili Civili ha offerto vaccini HPV gratuiti.
Sì, le istituzioni si muovono lentamente — molto più di noi. Ma dalla mia esperienza, costruire fiducia è importante quanto costruire servizi.
7. Meglio partire in piccolo che non partire affatto
Se Roma non è stata costruita in un giorno, immagina un’organizzazione community-based per l’HIV in una città che non ne ha mai avuta una.
Al momento Brescia Checkpoint non ha una sede. Il nostro sogno è avere uno spazio tutto nostro, ma non abbiamo i soldi. Quindi, forniamo test HIV durante eventi outreach o ospitati da altre associazioni, generalmente una volta al mese.
Non è abbastanza, ma è meglio di prima. Un anno fa, a Brescia, non esisteva alcun servizio di test HIV in contesti informali.
A volte invidiamo le altre realtà locali: fanno questo, fanno quello, hanno soldi, connessioni, forte sostegno istituzionale.
Siamo piccole, forse ancora un po’ grezzi, ma ci siamo. E non abbiamo intenzione di andarcene.
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Comunicare alle persone minorenni che hanno contratto l’HIV: le linee guida OMS. In Italia chi ha meno di 18 anni non può testarsi senza il consenso dei genitori. Da anni è in discussione una legge che permetterebbe a chi ha più di 14 di farlo in autunomia, ma è tutto fermo. Come sempre.
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Io sono Marco, sostenitore entusiasta della libertà sessuale. Presidente del Brescia Checkpoint, formatore, content creator e operatore alla pari.
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