Appena usciti i dati sull’HIV in Italia per il 2023 (ci vuole un anno per raccoglierli tutti e analizzarli), ho scritto un post su Instagram. Preso dall’ottimismo, ho attribuito l’aumento delle nuove diagnosi a due fattori:
il recupero degli anni del COVID, durante i quali tutto era fermo e le persone si testavano meno;
la maggiore disponibilità di test gratuiti, che consente di individuare più casi.
Ma ho sbagliato, quanto meno in parte. La verità è che nessuna persona conosce esattamente il perché: oltre a non avere i numeri di quanti test vengono fatti ogni anno in Italia, probabilmente l’aumento è dovuto a molti fattori. Quello che sappiamo è che:
le diagnosi sono passate da 1888 nel 2022 a 2349 nel 2023;
il 60% delle diagnosi sono tardive, ovvero quasi in AIDS. La maggior parte tra uomini eterosessuali over 50;
il 35% di chi ha fatto il test è perché già si sospettava avesse contratto l’HIV.
Sono dati che sconfortano: anche Milano, che ho sempre citato come eccellenza italiana per la prevenzione, è passata a 52 diagnosi nel 2022 a 178 nel 2023.
Da operatore alla pari del Gruppo Salute di Arcigay Milano, mi sono cadute le braccia. Ma nel contesto milanese, l’aumento può essere realmente dovuto a maggiori opportunità di test gratuito sul territorio. Nella sola città di Milani ci sono 11 centri (ospedalieri e non) dove fare il test. Ma le mie sono solo supposizioni.
Come sono supposizioni quelle di Barbara Suligoi, la direttrice del Centro Operativo AIDS che si occupa del report HIV. In questo video non menziona il CODIV e conclude con un simpatico sorriso, ma un’affermazione che ci fa paura: l’epidemia potrebbe riprendere.
Sempre Suligoi ha partecipato a una serie di interviste con l’associazione Nadir. Lei e il presidente Filippo von Schloesser si sono lasciatə andatə andare a considerazioni per me quanto meno discutibili.
Tra le cause citate per l’aumento di diagnosi compaiono le app di incontri, la solitudine e persino le cosiddette “sex challenge”, che sarebbero delle sfide ad avere rapporti senza protezione. Ma non ci sono studi né dati che confermano che questa pratica sia diffusa né tanto meno che esista: abbiamo solo articoli sensazionalistici.
Sapere che anche persone con più potere e competenze di me credono alle fake news mi conforta: vuol dire che anch’io posso sbagliare!
Certo, rimane un po’ l’amaro in bocca. Perché alla fine sembra che vale tutto!
Non regge neppure la motivazione allarmistica del “Signora mia oggi le persone non usano più il preservativo”. Se il 60% sono diagnosi tardive, significa che queste persone hanno contratto l’HIV molti anni fa.
Trovo molto più interessante il discorso che fa Giusi Giupponi, la presidente di Lila:
A determinare il calo delle nuove diagnosi è stata, finora, non tanto una modifica generale dei comportamenti dovuta ad una corretta prevenzione, quanto l’effetto preventivo dovuto alle terapie antiretrovirali che rendono il virus non trasmissibile da parte di chi assume la ART (U=U).
“E’ possibile –aggiunge Giupponi- che la spinta preventiva dovuta alle terapie stia raggiungendo il massimo delle sue potenzialità, mentre non accade altrettanto sul fronte della prevenzione primaria”.
Ricordiamo come, sul fronte della prevenzione, sia disponibile un'altra opportunità efficacissima: la PrEP, Profilassi Pre-Esposizione, da quasi due anni gratuita anche in Italia e la cui efficacia, se ben assunta, sfiora una copertura del 100% contro i rischi di infezione.
“Si tratta di uno strumento di prevenzione formidabile –spiega Giupponi- sul quale però non c’è un’informazione adeguata e che non è accessibile in modo uniforme su tutto il territorio nazionale per questo, con altre associazioni, chiediamo che sia implementata con maggiore decisione da parte del Servizio Sanitario”
Questa domenica è la Giornata Mondiale in Risposta all’AIDS e se ne parlerà ovunque.
Ma non abbiamo bisogno di parole. Abbiamo bisogno di soldi: banalmente, un test HIV e sifilide a noi del Brescia Checkpoint costa quasi 12 euro e 100 preservativi sui 40 euro. Lo stesso report scrive
La presentazione tardiva alla diagnosi HIV può essere il risultato di molteplici fattori, come la mancanza di consapevolezza del rischio di infezione o la scarsa offerta del test in alcune aree geografiche o in alcune popolazioni.
Appare chiaro come l’offerta del test HIV sia lo strumento più efficace per individuare le nuove infezioni e contribuire alla riduzione del numero di diagnosi tardive, pertanto, è estremamente importante estendere in modo capillare la promozione del test su tutto il territorio nazionale.
Ma anche senza soldi, noi qua continueremo a fare cose: come il gruppo per persone che vivono con HIV partito grazie allə nostrə volontarə. Che soddisfazione vedere che le persone possono benissimo camminare con le loro gambe.
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è il perché io non commento mai le stronzate che dicono i politici:Come ti spieghi la popolarità online di Vannacci? Che ruolo hanno avuto i social in tutto questo?
Io mi limito solo a osservare e dimostrare, numeri alla mano, che un contenuto estremamente divisivo abbia come risultato quello di alzare la “copertura” cioè la visibilità del contenuto stesso. […]
In questo caso l’elemento divisivo è talmente potente da aver spostato la copertura verso un pubblico che senza l’ingaggio, non avrebbe mai nemmeno conosciuto l’esistenza dell’eurodeputato Vannacci.
In modo provocatorio dico sempre che se condividi qualcosa per indignarti sei complice dell’aumento della copertura e della distribuzione di quel contenuto. Fai esattamente il gioco di chi ha progettato quel contenuto
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Questa domenica sarò a Torino ospite di Lila Piemonte e giovedì 5 dicembre a Pavia con Universigay e Arcigay Pavia!